Popolazione in armi e nella CRI
Fin
dai primi giorni di guerra giunsero alla Croce Rossa numerose offerte di aiuto
da parte di donne e uomini che volevano contribuire allo sforzo bellico, pur
non trovandosi al fronte.
L’“arruolamento”
come volontari della Croce Rossa era, però, possibile solo per coloro che
avevano effettuato un corso di medicazione e disinfezione con relativo diploma,
corso che a Biella non poté essere tenuto nel periodo prebellico. Ciò rese
necessario rimandare a tempo indeterminato l’effettiva collaborazione della
popolazione civile con la CRI.
Si
comunicava, inoltre, che le autorità militari avevano individuato immediatamente
i Santuari di Oropa, Graglia e San Giovanni d’Andorno, unitamente ad alcuni
edifici cittadini, come possibili ricoveri e futuri ospedali militari, cosa da
lì a poco avverrà per il seminario vescovile di Biella (oggetto di un futuro
nostro articolo).
Naturalmente,
oltre ad offrire strutture adeguate, Biella auspicava di poter offrire un corpo
di infermieri, anche per non trovarsi “in una deplorevole inferiorità di fronte
ad altre regioni”.
È
davvero rimarchevole come l’intera popolazione civile si sentisse spinta, fin
dai primi giorni di guerra, ad aiutare il Paese coinvolto nello sforzo bellico,
in ogni modo possibile, anche con intenti di solidarietà e non solo con
l’effettiva partecipazione alle azioni militari.
La lettera di Salandra
Proprio
il gran numero di volontari che si riversarono nei centri di arruolamento
spinse il 29 maggio il Presidente del Consiglio Salandra a scrivere una lettera
indirizzata alla popolazione tutta, la quale affermava che al momento non erano
richieste, e auspicava non fossero necessarie neanche in futuro, nuove leve
supplementari a quelle di legge.
Salandra
non si limitò a parlare della mobilitazione militare, ma incluse nella sua
lettera anche l’assistenza alle famiglie dei soldati, invitando alla formazione
di Comitati locali che provvedessero all’aiuto dei bisognosi, ricordando che
“NESSUN CITTADINO CHE PUO’ DARE QUALCHE SOCCORSO DI DENARO, DI OGGETTI, DI
OPERA, VI SI DEVE RIFIUTARE”.
Aiuti finanziari e materiali
Proprio
in quest’ottica vanno visti i numerosi aiuti che gli industriali biellesi
elargirono alle famiglie dei propri operai richiamati alle armi; analoga
manifestazione di solidarietà da parte di donne e uomini, che non avrebbero
avuto un diretto coinvolgimento bellico, fu la spontanea offerta della propria
opera come crocerossine o infermieri.
Parallelamente,
in quasi tutti i comuni si costituirono Comitati
Pro famiglie bisognose dei richiamati per portare aiuti alle famiglie il
cui “capo di casa” era sotto le armi, non solamente raccogliendo denaro, ma
provvedendo anche alla fornitura di biancheria, indumenti, ecc. A queste
spontanee donazioni si aggiunsero in alcuni casi anche azioni di aiuto
intraprese dalle stesse amministrazioni comunali.
da il Biellese del 9 giugno 2015
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