Con
l’entrata in guerra dell’Italia avvenuta con l’estate e il periodo del lavoro
nei campi ormai alle porte inizia a emergere un problema. Vista la fine delle
scuole imminenti, e che i campi e le risaie richiedono lavoro, cosa fare dei
bambini più piccoli che fanno parte di una famiglia di un richiamato alle armi?
Una legge dello Stato, infatti, proibisce ai minori di 14 anni di poter
lavorare nei campi; quindi cosa farne di questi mentre il resto della famiglia
è al lavoro? Uno dei primi provvedimenti viene preso a Gattinara dal il
Comitato per l’Assistenza Civile alle Famiglie dei Militari sotto le Armi,
presieduto dal Generale Giuseppe Patriarca. Il provvedimento prevede che, a
partire da lunedì 14 giugno «tutti i fanciulli d’ambo i sessi dagli anni 6 agli
anni 11 appartenenti a famiglie bisognose che abbiano congiunti sotto le armi,
verranno ricoverati, custoditi e ben perfezionati in appositi locali dal
mattino alla sera» (La Sesia 15’
giugno ’15).
Antonio Salandra, Presidente del consiglio fino al 18 giugno 1916 |
A
Vercelli, invece, la questione scatena un vero e proprio dibattito tra la città
(tramite il suo rappresentante l’onorevole Modesto Cugnolio) e il Governo.
L’onorevole, infatti, richiede al governo che la proposta del dottor Nicola
Vaccino di una temporanea deroga alla legge per abbassare l’età del lavoro
nelle risaie da quattordici a dodici anni sia accettata. La proposta viene
appoggiata sia dalla Risaia sia dalla
Sesia. Quest'ultima sottolinea come questa
iniziativa possa portare benefici economici alle famiglie più povere dei
richiamati alle armi su cui «la crisi determinata dalla guerra si ripercuote
specialmente (…) Perché non concedere in via eccezionale e provvisoria questa
deroga?- si chiede il giornale vercellese - Sarebbe un nuovo aiuto che, nelle ristrettezze attuali, verrebbe
accordato a tanta povera gente che, pei richiamati alle armi degli uomini
giovani e forti, ha perduto il suo principale sostegno» (La Sesia, 13 giugno ’15). A
rispondere all'onorevole Cugnolio è direttamente il Presidente del Consiglio Antonio Salandra, il quale assicura di aver portato la questione all'attenzione del Ministro
dell’Agricoltura, il torinese Giannetto Cavasola. Sarà a lui a verificare la fattibilità della proposta di
Vaccino e ad approvarla nel caso. Nonostante però l’ottimismo che traspare
dagli articoli delle due testate vercellesi, la richiesta non va a buon fine. Parte del fallimento è dovuto anche alle proteste che arrivano da giornali
di Milano e della Lomellina. Questi affermano che una tale proposta non
può che giungere dai padroni, i quali vogliono solamente «creare una pericolosa
concorrenza fra gli stessi contadini» (La
Risaia 19 giugno ’15) non tenendo conto dei pericoli per la salute di
questi giovani.
Giannetto Cavasola, Ministro dell'agricoltura del governo Salandra |
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