lunedì 27 luglio 2015

Che fare dei ragazzi? Dibattiti e provvedimenti sui giovani infiammano il vercellese

Con l’entrata in guerra dell’Italia avvenuta con l’estate e il periodo del lavoro nei campi ormai alle porte inizia a emergere un problema. Vista la fine delle scuole imminenti, e che i campi e le risaie richiedono lavoro, cosa fare dei bambini più piccoli che fanno parte di una famiglia di un richiamato alle armi? Una legge dello Stato, infatti, proibisce ai minori di 14 anni di poter lavorare nei campi; quindi cosa farne di questi mentre il resto della famiglia è al lavoro? Uno dei primi provvedimenti viene preso a Gattinara dal il Comitato per l’Assistenza Civile alle Famiglie dei Militari sotto le Armi, presieduto dal Generale Giuseppe Patriarca. Il provvedimento prevede che, a partire da lunedì 14 giugno «tutti i fanciulli d’ambo i sessi dagli anni 6 agli anni 11 appartenenti a famiglie bisognose che abbiano congiunti sotto le armi, verranno ricoverati, custoditi e ben perfezionati in appositi locali dal mattino alla sera» (La Sesia 15’ giugno ’15).

Antonio Salandra, Presidente del consiglio
fino al 18 giugno 1916
A Vercelli, invece, la questione scatena un vero e proprio dibattito tra la città (tramite il suo rappresentante l’onorevole Modesto Cugnolio) e il Governo. L’onorevole, infatti, richiede al governo che la proposta del dottor Nicola Vaccino di una temporanea deroga alla legge per abbassare l’età del lavoro nelle risaie da quattordici a dodici anni sia accettata. La proposta viene appoggiata sia dalla Risaia sia dalla Sesia. Quest'ultima sottolinea come questa iniziativa possa portare benefici economici alle famiglie più povere dei richiamati alle armi su cui «la crisi determinata dalla guerra si ripercuote specialmente (…) Perché non concedere in via eccezionale e provvisoria questa deroga?- si chiede il giornale vercellese - Sarebbe un nuovo aiuto che, nelle ristrettezze attuali, verrebbe accordato a tanta povera gente che, pei richiamati alle armi degli uomini giovani e forti, ha perduto il suo principale sostegno» (La Sesia, 13 giugno ’15). A rispondere all'onorevole Cugnolio è direttamente il Presidente del Consiglio Antonio Salandra, il quale assicura di aver portato la questione all'attenzione del Ministro dell’Agricoltura, il torinese Giannetto Cavasola. Sarà a lui  a verificare la fattibilità della proposta di Vaccino e ad approvarla nel caso. Nonostante però l’ottimismo che traspare dagli articoli delle due testate vercellesi, la richiesta non va a buon fine. Parte del fallimento è dovuto anche alle proteste che arrivano da giornali di Milano e della Lomellina. Questi affermano che una tale proposta non può che giungere dai padroni, i quali vogliono solamente «creare una pericolosa concorrenza fra gli stessi contadini» (La Risaia 19 giugno ’15) non tenendo conto dei pericoli per la salute di questi giovani. 

Giannetto Cavasola, Ministro dell'agricoltura
del governo Salandra
Alle accuse risponde, sempre sulla Risaia, il promotore dell’iniziativa, dottor Nicola Vaccino, rivendicando la sua importanza per combattere la miseria delle famiglie che hanno perso i loro membri più giovani a causa della guerra e accusando i suoi oppositori di non comprenderlo («vivete su su nelle nuvole e cioè, troppo lontani da questi guai»). Inoltre, denuncia Nicola Vaccino, questa legge ha al suo interno una «lacuna deplorevole» poiché mentre impedisce ai ragazzi di andare a lavorare in risaia fino ai 14 anni «eccone un’altra – ricorda - che li allontana irremissibilmente dalla scuola quando hanno compiuto il dodicesimo anno. Fra queste due leggi esiste una lacuna deplorevole e inconcepibile (…) Non è retorica, o signori; è verità sacrosanta che se fosse riconosciuta da voi vi torrebbe la fregola di polemizzare allegramente. Si tratta ad esempio di famiglie il cui capo venne richiamato alle armi: v’è la moglie, vi sono i vecchi genitori, vi è un figlio non ancora quattordicenne; nessuno a diritto al sussidio, eccetto la moglie che dovrà essa sola mantenere la famiglia, se pure è in grado di lavorare». Nonostante le proteste, alla fine Nicola Vaccino deve arrendersi. La proposta per il 1915 viene respinta, ma il lavoro nelle risaie sarà, anche negli anni successivi, tra gli argomenti più dibattuti sul territorio.



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