Fondazione
del Comitato Circondariale d’Assistenza Civile
Il Comitato Circondariale d’Assistenza
Civile, costituitosi come Comunale già all’inizio della guerra, si riunì ai
primi di giugno per sottolineare come fosse necessario abbandonare un’ottica
localista in favore della coesione territoriale, “per diventare tutti
italiani”, e per stabilire alcune azioni da intraprendere per dare aiuto alle
famiglie dei richiamati. Oltre alla consueta raccolta di fondi, secondo l’idea
che “le città ed i paesi industriali, che meno danno nel sacrificio delle
persone, più debbono dare nel sacrificio finanziario”, il Comitato produsse
anche un telegramma spedito al Presidente del Consiglio dei Ministri Salandra dal
seguente testo:
“Presidente
ministri – Roma
Comitato Biellese Preparazione fattosi
oggi circondariale in assemblea. Sindaci Sodalizi Deputati Autorità tutte
Circondario per estendere sua azione
assistenza civile durante guerra invia Vostra Eccellenza, arra
compimento unità nazionale, ossequi cordiali esprimendo sicura fede trionfo
glorioso armi italiane.”
A questo telegramma Salandra rispose:
“Mi compiaccio vivamente della patriottica iniziativa”.
Insieme ai temi patriottici vengono
espressi concetti che toccano più da vicino la vita quotidiana. Il presidente
del Comitato, l’avv. Quaglino, in un’assemblea aperta alla stampa si dilungò
sulla necessità di superare il campanilismo e le barriere sociali; incitava
tutti a contribuire secondo le proprie possibilità dicendo che tanto gli operai
quanto i ricchi sono tenuti a fare la propria parte, sottolineando che “quando
la ricchezza non avesse valore sociale, bisognerebbe abolirla”. Parole forti
che furono totalmente condivise dal Biellese,
che concordava dicendo “che la ricchezza, specialmente nella storica
contingenza che attraversiamo, deve
avere una funzione sociale. Anche la Camera del Lavoro propose che tutti gli
operai del circondario devolvessero 25 centesimi la settimana in favore delle
famiglie bisognose dei richiamati.
Che si trattasse di carità cristiana o
di solidarietà socialista il tema univa l’intera nazione.
Offerta
di ospitalità per i feriti
Nell’ottica dell’offerta alla patria,
come molti notabili e industriali, anche il Vescovo di Biella, Sua Eccellenza
Reverendissima Monsignor Serafino, offrì al Comitato la sua villa di Cossato
per ospitare i feriti in guerra con la seguente lettera:
“Mi pregio significarle che per la
presente metto a disposizione dello spettabile «Comitato Circondariale di
preparazione e assistenza» di Biella, il mio palazzo di villeggiatura in
Cossato, affinché sia subito adibito quale luogo di cura e convalescenza per i
nostri diletti soldati feriti in battaglia”.
Allo stesso scopo i fratelli Rivetti
donarono Villa Clelia, una loro proprietà in località Favaro.
Assistenza
spirituale dei feriti
La società “Dante Alighieri” di Biella
consigliava di non preoccuparsi esclusivamente dell’accoglienza e
dell’assistenza sanitaria dei soldati feriti, ma poneva l’accento sulla necessità
di fornire un sollievo ai soldati inviati nei luoghi di cura.
L’azione della “Dante Alighieri” si
concretizzò nella fornitura di libri, opuscoli e riviste e nell’invito alla
popolazione di donare periodicamente pubblicazioni di vario genere, possibilmente
non tomi impegnativi, ma piuttosto riviste illustrate.
Sorge fin da subito l’idea che stare al
fronte potesse causare qualche scompenso emotivo nei soldati e che quindi fosse
necessaria un’assistenza particolare, per quanto al momento si pensi solamente
alla necessità di distrarre i feriti dal proprio dolore fisico e dalla
convalescenza, piuttosto che occuparsi di coloro che soffersero di stress
post-traumatico. È altresì interessante notare come l’indicazione di fornire
riviste illustrate sia un velato riferimento all’ancora diffuso analfabetismo
che caratterizzava l’Italia dell’epoca.
Da il Biellese del 7 luglio 2015
Nessun commento:
Posta un commento