sabato 17 ottobre 2015

Nasce il comitato d'assistenza circondariale di Biella



Fondazione del Comitato Circondariale d’Assistenza Civile
Il Comitato Circondariale d’Assistenza Civile, costituitosi come Comunale già all’inizio della guerra, si riunì ai primi di giugno per sottolineare come fosse necessario abbandonare un’ottica localista in favore della coesione territoriale, “per diventare tutti italiani”, e per stabilire alcune azioni da intraprendere per dare aiuto alle famiglie dei richiamati. Oltre alla consueta raccolta di fondi, secondo l’idea che “le città ed i paesi industriali, che meno danno nel sacrificio delle persone, più debbono dare nel sacrificio finanziario”, il Comitato produsse anche un telegramma spedito al Presidente del Consiglio dei Ministri Salandra dal seguente testo:
Presidente ministri – Roma
Comitato Biellese Preparazione fattosi oggi circondariale in assemblea. Sindaci Sodalizi Deputati Autorità tutte Circondario per estendere sua azione  assistenza civile durante guerra invia Vostra Eccellenza, arra compimento unità nazionale, ossequi cordiali esprimendo sicura fede trionfo glorioso armi italiane.”
A questo telegramma Salandra rispose: “Mi compiaccio vivamente della patriottica iniziativa”.
Insieme ai temi patriottici vengono espressi concetti che toccano più da vicino la vita quotidiana. Il presidente del Comitato, l’avv. Quaglino, in un’assemblea aperta alla stampa si dilungò sulla necessità di superare il campanilismo e le barriere sociali; incitava tutti a contribuire secondo le proprie possibilità dicendo che tanto gli operai quanto i ricchi sono tenuti a fare la propria parte, sottolineando che “quando la ricchezza non avesse valore sociale, bisognerebbe abolirla”. Parole forti che furono totalmente condivise dal Biellese, che concordava dicendo “che la ricchezza, specialmente nella storica contingenza che attraversiamo, deve avere una funzione sociale. Anche la Camera del Lavoro propose che tutti gli operai del circondario devolvessero 25 centesimi la settimana in favore delle famiglie bisognose dei richiamati.
Che si trattasse di carità cristiana o di solidarietà socialista il tema univa l’intera nazione.
Offerta di ospitalità per i feriti
Nell’ottica dell’offerta alla patria, come molti notabili e industriali, anche il Vescovo di Biella, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Serafino, offrì al Comitato la sua villa di Cossato per ospitare i feriti in guerra con la seguente lettera:
“Mi pregio significarle che per la presente metto a disposizione dello spettabile «Comitato Circondariale di preparazione e assistenza» di Biella, il mio palazzo di villeggiatura in Cossato, affinché sia subito adibito quale luogo di cura e convalescenza per i nostri diletti soldati feriti in battaglia”.
Allo stesso scopo i fratelli Rivetti donarono Villa Clelia, una loro proprietà in località Favaro.
Assistenza spirituale dei feriti
La società “Dante Alighieri” di Biella consigliava di non preoccuparsi esclusivamente dell’accoglienza e dell’assistenza sanitaria dei soldati feriti, ma poneva l’accento sulla necessità di fornire un sollievo ai soldati inviati nei luoghi di cura.
L’azione della “Dante Alighieri” si concretizzò nella fornitura di libri, opuscoli e riviste e nell’invito alla popolazione di donare periodicamente pubblicazioni di vario genere, possibilmente non tomi impegnativi, ma piuttosto riviste illustrate.
Sorge fin da subito l’idea che stare al fronte potesse causare qualche scompenso emotivo nei soldati e che quindi fosse necessaria un’assistenza particolare, per quanto al momento si pensi solamente alla necessità di distrarre i feriti dal proprio dolore fisico e dalla convalescenza, piuttosto che occuparsi di coloro che soffersero di stress post-traumatico. È altresì interessante notare come l’indicazione di fornire riviste illustrate sia un velato riferimento all’ancora diffuso analfabetismo che caratterizzava l’Italia dell’epoca.

Da il Biellese del 7 luglio 2015

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