lunedì 5 ottobre 2015

I socialisti del vercellese contro i comitati di assistenza

Dopo la polemica generale messa in prima pagina dalla Risaia nelle settimane precedenti, il giornale socialista decide di dare voce direttamente alle sezioni locali del partito portando diversi esempi su come questi comitati stiano funzionando male, non adempiendo al loro compito di protezione delle famiglie dei soldati e dei bisognosi.

I socialisti della sezione di Trino mettono sotto accusa il comitato adibito a soccorrere le famiglie povere del paese. In realtà, accusano i socialisti, il comitato è stato formato «a solo scopo di antagonismi fra i partiti di lor signori» (La Risaia 21 agosto ’15). Secondo i conti fatti dal giornale, la cassa del comitato conteneva all’incirca diecimila franchi: «cinque mila furono stanziati dal Comune colla presenza in seduta consigliare dei nostri compagni, e gli altri circa cinquemila furono raccolti alla rinfusa tra capitalisti e nullatenenti». Ma questi soldi, secondo le accuse mosse dai socialisti, sono stati usati da molti per soccorsi a persone non bisognose di aiuto. Tra i beneficiari, infatti, ci sarebbero persone «che non possono far miseria, perché posseggono casa e terreno e persino alcuni di questi non hanno figli o tutt’al più ne hanno uno». Allo stesso tempo ci sono famiglie veramente bisognose «che hanno 3 o persino 4 bambini, senza possedimenti e risorsa alcuna e non sono stati elencati pel soccorso, anzi le mogli reclamarono invano dal personale del Comitato per aver diritto al sussidio». Il tutto, accusano i socialisti a Trino, è causato oltre che da coloro che gestiscono il Comitato (e indirettamente il partito cattolico che controlla Trino) anche dalla “spilorceria” dei signori, che aprono poco volentieri il loro portafoglio per rimpinguare le casse.
Soldati al fronte ricevono aiuti mandati dai comitati


Una lamentela simile viene mossa anche a Asigliano. Anche qui esiste un Comitato Pro Richiamati, ma in questo caso il problema evidenziato non è tanto il funzionamento, ma la mancanza di risorse finanziarie che lo rendono inutile. «Volete sapere – escluso un agricoltore che ha dimostrato di comprendere generosamente il dovere degli abbienti – volete sapere quanto hanno versato gli agricoltori dimoranti ad Asigliano? Nemmeno che 22 lire (diciamo ventidue lire)!». Eppure, sottolinea il giornale, gli stessi padroni erano soliti esaltare i soldati mandati a controllare l’ordine pubblico («che nessuno si sognava di turbare» specifica La Risaia durante il periodo degli scioperi e «ora che questi soldati si battono per la gloria d’Italia, per conservare tranquilli e inalterati gli stessi possedimenti dei padroni, gli agricoltori di Asigliano non corrono a lenire le sofferenze delle famiglie dei richiamati col contributo generoso e doveroso (…). Ora è chiaro che se non versano gli abbienti, i poveri dovranno poi quest’inverno – quando i bisogni saranno cresciuti – patire la fame». Qual è, perciò, la soluzione proposta dal giornale? Che il Governo prenda un provvedimento di tassazione proporzionata alla ricchezza da applicare a «tutta questa gente che assiste ai sacrifici dei soldati, alla miseria delle famiglie ma non si commuove, e più che tutto, non tira fuori un soldo dal taschino».

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