lunedì 7 settembre 2015

Le donne e la guerra! Due punti di vista differenti


Donne portatrici di ghiaia per costruzione di strade
«No, non sorridete! Le mie eroine sono umili e modeste persone; e non agitano tricolori, non mettono il loro nome in una sottoscrizione, non figurano a capo di un comitato, non dicono parole di cui esse stesse ascoltino con compiacenza la risonanza. Sono madri esemplari, mogli coraggiose, sorelle miti e buone» (La Sesia 11 luglio ’15). Con queste parole si apre un lungo articolo dal titolo Poesia e virtù dell’eroismo femminile, con il quale per la prima volta a un mese e mezzo dall’inizio della guerra, l’attenzione viene posta lontano dagli uomini al fronte e portato verso quelle che sono le custodi delle case durante la guerra, le donne. L’articolo del giornale vercellese mira a elogiare il sacrificio «semplice con cui compiono il loro dovere di rassegnazione – che è – il più sublime slancio patriottico che si possa chiedere ad una donna!». L’elogio viene specialmente rivolto a tutte quelle donne che durante il conflitto hanno perso il proprio marito o figlio e che «per tutta la loro vita porteranno il lutto fecondo della memoria educatrice di sacrificio e di abnegazione, che raccoglie e rinforza lo spirito». Non che le altre donne, specifica l’autore anonimo dell’articolo, che svolgevano opere di carità non meritassero un encomio anche loro. Ma l’ammirazione va per la maggior parte verso quelle donne che «vivranno compiendo il dovere duplice di fare da padre e da madre ai propri figli con forza virile, se sono mogli; di riversare, se madri, sui superstiti gli affetti di cui i morti non hanno più bisogno coltivando con amore e con dolore il fiore della memoria sulla fossa del caduto pel riscatto dei fratelli e per la salvezza e la grandezza della patria».


Mondine durante il raccolto
Poco meno di due settimane dopo, anche La Risaia decide di affrontare lo stesso tema, con un articolo in prima pagina sulle donne e, specialmente, su quelle il cui marito si trova al fronte;  il tono, tuttavia, è completamente diverso. L’autore del pezzo, dal titolo Altre Miserie, pone l’attenzione sulle difficoltà che le mogli dei richiamati devono sopportare. «Abbiamo casi di famiglie il cui capo, richiamato al servizio militare, faceva una sola famiglia coi vecchi genitori ai quali col proprio lavoro provvedeva col pane, sia pure misurato, un piccolo, ma sicuro asilo» (La Risaia 24 luglio ’15). Ora, con i mariti lontani, il giornale fa notare come sulle spalle delle mogli ricada l’onere di occuparsi di figli minorenni (e inabili al lavoro) e dei genitori «poiché è risaputo che lo stato sovvenziona soltanto quei genitori che oltre al raggiungere una certa età convivano con il figlio richiamato, ma non ammogliato». Una difficoltà che, secondo l’articolo, porterebbe molte donne a dover “sacrificare” le attenzioni ai vecchi genitori per darle ai figli piccole. Ma le “miserie” non sono solo queste. Ci sono donne che «non poterono prima per gravidanza avanzata, poi per il parto e l’allattamento del neonato fare la stagione della monda. E il marito è lontano, e il danno patito è grave e gravissimo apparirà quando si pensi che per i loro doveri di madri non potranno neanche fare la stagione del taglio». Il tutto mentre si stava avvicinando l’inverno, con le necessità economiche che questo porta, con l’affitto e il cibo da mangiare. L’articolo si chiude quindi con una richiesta verso il Governo: che questi problemi siano risolti il prima possibile, magari assegnando ai neonati e alle mogli una indennità in modo da risolvere questi problemi gravosi «poiché la natura e l’innocenza non sono colpevoli dei … peccati  degli uomini». 

Donne e bambini in una casa ambulante durante la Grande guerra
(fonte www.14-18.it)

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