Oltre alla guerra sulle spalle degli
italiani e dei vercellesi a fine luglio inizia a pesare anche un rincaro del
prezzo del grano, dovuto tra l’altro a una annata agricola non abbastanza
soddisfacente. Il tutto andava chiaramente a colpire anche l’economia
vercellese, che era già debilitata dall'impossibilità d’esportazione di riso all'esterno. Sulla Sesia del 27 giugno la questione del mercato del grano finisce in prima pagina con un articolo scritto da Carlo Sacchi il quale
descrive gli enormi sbalzi «avvenuti nei prezzi del frumento in poco più di un
mese e mezzo. Dalle L. 44 il quintale a cui era quotato in fine di maggio, ebbe
a discendere a L. 34 verso la fine di giugno. Iniziatosi il nuovo raccolto, le
prime partite apparse sul mercato vennero quotate circa L. 32. Ma sparsasi la
voce che il raccolto fosse deficiente, tanto che in circa dieci giorni i prezzi
salirono a L.40 il quintale!» (La Sesia,
27 luglio ’15). Sacchi quindi, chiede un intervento diretto del Governo: se il
raccolto fosse veramente scarso, il Governo allora dovrebbe acquistarne all'estero in modo da abbassarne il prezzo; se il raccolto invece fosse
sufficiente allora il Governo dovrebbe frenare la speculazione imponendo un
calmiere ai prezzi. La richiesta viene mandata direttamente al Ministro
dell’agricoltura Giannetto Cavasola, affinché provveda al più presto al
benessere del popolo.
il ministro dell'agricoltura Giannetto Cavasola |
Il dibattito viene alimentato dalla Sesia nel numero successivo, quando
sempre in prima pagina finisce un articolo del Cavalier Cesare Gusmani,
consigliere dell’Ufficio Agrario della Provincia di Novara che dissente dalla visione di Carlo
Sacchi. Gusmani afferma di non meravigliarsi più di tanto delle oscillazioni di
prezzo del mercato del grano, risultati della «ferrea legge della domanda e
dell’offerta, alla quale non può sottrarsi nemmeno il grano» (La Sesia, 30 luglio ’15). Il Consigliere
poi critica la scelta di Sacchi, che chiedeva di fissare a 26 lire il prezzo
del grano, una cosa impensabile per Gusmani poichè è la guerra che ha comportato
«oneri ben maggiori che ora pesano sull'agricoltore per il rincaro della mano
d’opera, del bestiame da lavoro, del concime, delle macchine agricole ecc.
ecc.? (…) Io sono d’avviso che non sia il caso di impressionarsi soverchiamente
e di adottare misure draconiane. Il Governo ha a sua disposizione un’arma
efficacissima, per influire sul mercato del frumento, nell'importazione diretta
dal di fuori». Il calmiere, invece, nasconde troppe insidie e sicuramente non
si dovrebbe partire dalle 26 lire pensate all'inizio da Sacchi
Ad avere un’opinione più radicale sull'argomento è, invece, La Risaia,
che un giorno dopo l’articolo di Gusmani in prima pagina presenta un articolo
dal titolo Il Governo deve requisire il
grano. Vista l’impossibilità di poter comprare grano dalla Russia per la
guerra, e visto che il cambio sfavorevole rende il comprare grano dall'India o dall'America molto costoso (nonostante la decisione di revocare i dazi nell'acquisto di grano dall'estero) l’unico rimedio per i socialisti è quello
di requisire il grano, in modo che «gli speculatori non possano arricchirsi dal
male della patria» (La Risaia, 31
luglio ’15). Il giornale si rende conto che si tratta di una soluzione
drastica, ma «quando si tratta di tener lontano il nemico dal suolo della
patria non val nulla la vita e la proprietà deve essere pronta anch'essa a
tutti i sacrifizi. L’economia di guerra sfugge alle solite regole (…) il germe
velenoso dell’economia nostra di guerra è lo speculatore. La requisizione del
grano è una disinfezione del mercato. Distruggete gli speculatori, requisite il
grano».
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