mercoledì 10 febbraio 2016

Le lettere dei soldati tra censura e propaganda



Le lettere dei soldati biellesi che giungevano alle redazioni dei giornali erano un ottimo strumento di propaganda e di controllo del morale della popolazione. Queste lettere erano debitamente censurate dall’esercito per evitare sia la comunicazione di notizie strategicamente rilevanti, sia il disfattismo o le descrizioni ingloriose dei campi di battaglia e delle condizioni di vita che avrebbero minato la fiducia degli italiani nella bontà della guerra o nella possibilità di una vittoria.
Da alcuni stralci di queste lettere, però, si può capire quali fossero i sentimenti dei soldati al fronte, quali le loro speranze e il loro affetto per i cari lontani.
Arturo Giacomelli, sottotenente nel 56° fanteria, scrisse alla madre durante la sua convalescenza all’ospedale militare a causa di una ferita riportata al braccio destro. “La ferita va migliorando, ma però il maggiore medico mi ha detto che dovrò stare all’Ospedale da 3 a 4 mesi. Non puoi credere il dispiacere che provo ad essere lontano dal fronte ma pazienza, spero però di ritornarvi avendo da vendicare la ferita mia e quelle di molti miei compagni e amici.”
Carlo Giacomelli, soldato nel 54° fanteria, scrisse anch’egli alla madre: “Scrivo sul coperchio della gavetta in questo fienile che ancora per poche ore è il nostro alloggio. […] Già la sveglia ce la dette ieri il cannone. […] Messici d’accordo con altri soldati, e pensando che in guerra le probabilità di morire sono tante, abbiamo voluto prima di partire prendere la Comunione da veri cristiani. Era commovente il vedere tutti quei militari, che magari pochi minuti prima avevano la bestemmia sulle labbra, vederli inginocchiati, implorando Iddio di rimandarli a casa in mezzo all’affetto dei suoi. […] Triste è assai la guerra, ma la sapremo affrontare con serenità. Tornerò? Questa è la domanda che ogni momento mi faccio. Farò il mio dovere da vero soldato, ma se ciò non fosse da tornare, perdonami delle mie mancanze, però ricordati di me che mai il mio pensiero venne meno per te.”


Preparativi per l’inverno del Comitato Circondariale
Il Comitato Circondariale iniziò per tempo a preoccuparsi dei problemi che il freddo invernale avrebbe potuto provocare ai soldati. Si rivolse quindi alle aziende tessili perché volessero gratuitamente donare al Comitato “quei filati di lana che fossero giacenti nei loro magazzini e di cui non avessero bisogno o possibilità di utile impiego”. Lo scopo di questa raccolta era quello di produrre calzettoni, sciarpe e cappucci di lana per i soldati grazie al lavoro delle donne biellesi, cui si sarebbe fornita la lana necessaria.
La morte del Conte Vittorio Nomis di Pollone
Il conte, che aveva il grado di tenente colonnello, cadde in battaglia colpito da un proiettile, dopo che, come scriveva in una lettera alla moglie, la contessa Margherita Avogadro di Quaregna, figlia del noto generale, nella mattina aveva “condotto felicemente all’attacco i miei bravi soldati: una palla mi ha sfiorato i capelli bruciandomene qualcuno ed un’altra mi ha perforato il pastrano. Sono salvo per miracolo. Ma dò volentieri la mia vita alla patria, nella speranza che Dio salvi i miei figli.”

Da il Biellese del 29 settembre 2015

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