Con l'arrivo del 1916, per i giornali che fin
qui abbiamo seguito, La Sesia e La Risaia, arriva
il momento di tirare un bilancio sull'anno appena passato e di fare l'elenco
dei buoni propositi per l'anno successivo.
Il primo giornale a stilare il proprio bilancio
è La Risaia, che il 31 dicembre del
1915 festeggia con i suoi lettori il suo sedicesimo anno di attività. Nell'articolo però, il riferimento alla guerra è limitato a un riferimento alla censura, che
limita la possibilità al giornale di poter fare propaganda: «Se non ci fosse la
censura – spiega il giornale – potremmo scrivere di più: ma noi vogliamo
risparmiare fatiche ed al sottoprefetto: e d'altronde i nostri compagni
comprendono a meraviglia senza troppe parole a quale compito noi li chiamiamo
ancora oggi, dopo tanti anni di lotte» (La
Risaia, 31 dicembre ’15). Per il resto, l’editoriale non si occupa quasi
mai della guerra, ma chiede ai “compagni” l’impegno costante di tutti nella
propaganda tra il popolo per lottare ancora contro «L’incoltura, l’egoismo, la
disunione, la propaganda brigantesca dei borghesi, dei preti, della stampa
asservita al capitalismo». La propaganda, quindi, è il compito che «il nostro giornale ha cercato
di assolvere: in questo compito persevererà per l’avvenire sorretto dalla
fiducia del proletariato del vercellese.
Diverso decisamente il tono della Sesia, che nel numero del 2 gennaio
festeggia, invece, i 46 anni di attività «sicura dell’affetto e dell’appoggio
dei vercellesi, i quali apprezzano e secondano i suoi sforzi modesti ma
volenterosi per rendersi utile al proprio paese – e se c’è un anno in cui il
giornale sente di – essere veramente la interprete fedele del pensiero
vercellese, è questo memorando, storico anno, finito ieri in un bagliore di
fiamma; fiamma di distruzione e di morte, e ad un tempo fiamma d’amore e di
vita, perché agli orrori della guerra si intrecciano le belle prove di amor
patrio, di valore e di abnegazione della nostra gioventù» (La Sesia, 2 gennaio ’16). Così, La
Sesia per l’anno nuovo si augura
solamente una cosa: «che il seme generoso lanciato l’anno scorso nel fertile
terreno del più puro patriottismo, dia quest’anno i frutti attesi della
vittoria, della gloria, della pace onorata e feconda di felicità per l’Italia
nostra». Ma perché ciò avvenga, non è necessario solamente che i soldati
facciano la loro parte, ma che tutta la popolazione faccia del suo. «Chi ha
dato,ridia e non si stanchi di dare; chi non ha dato od ha dato troppo poco,
dia ora o dia ancora: è l’obolo della vittoria quello che vi si chiede,
Vercellesi, che siate italiani per eccellenza. Bisogna, facendo un esame di
coscienza, essere ben sicuri di aver fatto tutto il proprio dovere, od aver l’animo
pronto a farlo ora».
BONUS
Sempre sul giornale del 31 dicembre La Risaia pubblica una notizia da
Olcenengo sul ritorno di alcuni soldati dal fronte in licenza. I soldati
vercellesi vengono accolti dalla popolazione con emozione e tripudio generali …
o quasi. «Intendiamo parlare – spiega il giornale – d’un biondi netto che con
una stonatura volle attirarsi ciò che si meritava. “A che tanta commozione –
egli disse ghignando – non vedete come sono grassi?» (La Risaia, 31 dicembre ’15) attirandosi le ire del giornale, che lo
invita a provare di persona la vita del soldato. A rispondere a questo
articolo, sulle pagine della Sesia, è
lo stesso “Biondetto”, di nome Giovanni Martignone professione Sellaio, che
ammette di aver fatto quella battuta, ma in modo bonario assicurando a tutti
che egli aveva fatto del suo meglio per assicurare “buonissime accoglienze” e “buona
compagnia”.
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