martedì 16 febbraio 2016

I giornali festeggiano l'anno nuovo

Con l'arrivo del 1916, per i giornali che fin qui abbiamo seguito, La Sesia La Risaia, arriva il momento di tirare un bilancio sull'anno appena passato e di fare l'elenco dei buoni propositi per l'anno successivo.
Il primo giornale a stilare il proprio bilancio è La Risaia, che il 31 dicembre del 1915 festeggia con i suoi lettori il suo sedicesimo anno di attività. Nell'articolo però, il riferimento alla guerra è limitato a un riferimento alla censura, che limita la possibilità al giornale di poter fare propaganda: «Se non ci fosse la censura – spiega il giornale – potremmo scrivere di più: ma noi vogliamo risparmiare fatiche ed al sottoprefetto: e d'altronde i nostri compagni comprendono a meraviglia senza troppe parole a quale compito noi li chiamiamo ancora oggi, dopo tanti anni di lotte» (La Risaia, 31 dicembre ’15). Per il resto, l’editoriale non si occupa quasi mai della guerra, ma chiede ai “compagni” l’impegno costante di tutti nella propaganda tra il popolo per lottare ancora contro «L’incoltura, l’egoismo, la disunione, la propaganda brigantesca dei borghesi, dei preti, della stampa asservita al capitalismo». La propaganda, quindi, è  il compito che «il nostro giornale ha cercato di assolvere: in questo compito persevererà per l’avvenire sorretto dalla fiducia del proletariato del vercellese.
Diverso decisamente il tono della Sesia, che nel numero del 2 gennaio festeggia, invece, i 46 anni di attività «sicura dell’affetto e dell’appoggio dei vercellesi, i quali apprezzano e secondano i suoi sforzi modesti ma volenterosi per rendersi utile al proprio paese – e se c’è un anno in cui il giornale sente di – essere veramente la interprete fedele del pensiero vercellese, è questo memorando, storico anno, finito ieri in un bagliore di fiamma; fiamma di distruzione e di morte, e ad un tempo fiamma d’amore e di vita, perché agli orrori della guerra si intrecciano le belle prove di amor patrio, di valore e di abnegazione della nostra gioventù» (La Sesia, 2 gennaio ’16). Così, La Sesia  per l’anno nuovo si augura solamente una cosa: «che il seme generoso lanciato l’anno scorso nel fertile terreno del più puro patriottismo, dia quest’anno i frutti attesi della vittoria, della gloria, della pace onorata e feconda di felicità per l’Italia nostra». Ma perché ciò avvenga, non è necessario solamente che i soldati facciano la loro parte, ma che tutta la popolazione faccia del suo. «Chi ha dato,ridia e non si stanchi di dare; chi non ha dato od ha dato troppo poco, dia ora o dia ancora: è l’obolo della vittoria quello che vi si chiede, Vercellesi, che siate italiani per eccellenza. Bisogna, facendo un esame di coscienza, essere ben sicuri di aver fatto tutto il proprio dovere, od aver l’animo pronto a farlo ora».


BONUS

Sempre sul giornale del 31 dicembre La Risaia pubblica una notizia da Olcenengo sul ritorno di alcuni soldati dal fronte in licenza. I soldati vercellesi vengono accolti dalla popolazione con emozione e tripudio generali … o quasi. «Intendiamo parlare – spiega il giornale – d’un biondi netto che con una stonatura volle attirarsi ciò che si meritava. “A che tanta commozione – egli disse ghignando – non vedete come sono grassi?» (La Risaia, 31 dicembre ’15) attirandosi le ire del giornale, che lo invita a provare di persona la vita del soldato. A rispondere a questo articolo, sulle pagine della Sesia, è lo stesso “Biondetto”, di nome Giovanni Martignone professione Sellaio, che ammette di aver fatto quella battuta, ma in modo bonario assicurando a tutti che egli aveva fatto del suo meglio per assicurare “buonissime accoglienze” e “buona compagnia”. 

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