Protagoniste indiscusse del presente, le
“grandi intese” tra partiti di ispirazione diversa nate per necessità
elettorali non sono solo una prerogativa dei nostri tempi, così come le
polemiche che attorno a queste nascono. Un esempio ci viene dato dall'amministrazione comunale di Palazzolo durante l’epoca di guerra, dove a
governare era una coalizione tra Socialisti e Popolari.
Questa coalizione era nata nel giugno
del 1914, a seguito alle elezioni in cui non era emerso un chiaro vincitore ed
era nata «sembrava nata fatta per dare prova di modernità e di rinascente
energia» (La Sesia, 14 maggio ’16).
In realtà, i contrasti tra socialisti e popolari e quelli interni ai socialisti
stessi avevano sin dai primi mesi generato problemi. La Sesia individua il
problema dell’amministrazione di Palazzolo nell’aver fatto l’errore di
«asservirsi alle imposizioni del partito socialista. L’amministrazione comunale
deve essere imparziale e diretta al benessere del paese, deve agire liberamente
(…) questa, invece, prima di tutto prese a norma fondamentale della sua azione
l’esame e il controllo preventivo dei vari problemi e delle varie questioni,
per parte del Circolo Socialista». Nonostante avesse ottenuto diversi risultati
(come l’abolizione di funzioni religiose e la soppressione dell’insegnamento
religioso nelle scuole) i socialisti attraverso La Risaia che in due anni di amministrazione nessuna vicenda seria
fosse stata affrontata e quindi aveva iniziato a espellere loro compagni, a
chiedere le dimissioni di consiglieri popolari perché «indegni della pubblica
fiducia» e a provare voti di sfiducia contro il sindaco. Insomma, per La Sesia «l’esperimento del partito
socialista, che ha voluto assumere la responsabilità del potere con mezzo di
ibride coalizioni, è completamente fallito».
Dall’altra parte dello steccato, anche i
socialisti si lamentano per lo stesso motivo con l’amministrazione del comune
di Palazzolo. Secondo loro, infatti, l’amministrazione è troppo morbida e poco
“socialista”, tanto da ricevere continue critiche dal partito. Agli inizi di
maggio i socialisti di Palazzolo si riuniscono e, dopo aver deciso per
l’espulsione di alcuni iscritti perché rei di essersi recati a lavorare il
primo maggio, discutono «sulla condotta amministrativa dei nostri consiglieri
comunali causa di continui disaccordi e dell’attuale crisi comunale» (La Risaia, 11 maggio ’16). La
discussione porta alla radiazione dal partito di tre consiglieri: Giuseppe
Gagnone, Caio Mocca e Giacomo Poy. Come viene spiegata questa situazione dai
socialisti? Sulla Risaia un articolo
a firma G. Fiorano racconta come si è giunti a questo punto, con elementi che
ricordano molte polemiche a noi contemporanee. «Alla vigilia delle elezioni –
si legge – i componenti la maggioranza dell’attuale consiglio comunale, ovunque
si passasse ci capitavano continuamente fra i piedi e ci promettevano mari e
monti, Roma e toma, accentando qualunque proposta che fosse fatta da un solo
elettore. Siccome pel passato queste persone almeno una parte di queste non
rappresentava che la minoranza e quindi l’opposizione alla maggioranza allora
imperante, gli elettori non potevano farsi un giudizio esatto sulle idee loro»
e quindi, di quello che potevano fare. Per questo, secondo i socialisti, erano
stati eletti consiglieri poco adatti, anche alcuni che erano stati eletti con
appoggio dei socialisti e con la promessa di seguire le direttive dei congressi
socialisti e del loro programma. Ma di quel programma solo in parte era stato
approvato, mentre per gran parte era stato ignorato. «Da quest’esame noi ci
siamo persuasi che non ha mantenute le promesse fatte per riuscire eletta e
perciò confermiamo la nostra diffida, cioè che noi non crediamo più che
quest’amministrazione meriti la fiducia e l’appoggio morale che abbiamo
concesso nel passato» (La Risaia, 18
maggio ’16).
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