Tra le tante sottoscrizioni aperte dal
giornale La Sesia, molte vengono
dirette ai soldati feriti durante la guerra e successivamente ricoverati nell'ospedale militare di Vercelli. In questo blog abbiamo già raccontato la
storia del soldato Felice Zampini, che aveva subito l’amputazione di entrambe
le mani e a cui vennero poi date delle protesi comprate grazie ai soldi
raccolti tra i cittadini. Questa volta, invece, La Sesia riporta la storia di un altro valoroso soldato e dei suoi
famigliari.
Il soldato si chiamava Filippo Faraone
e, a seguito di una ferita, gli erano stati amputati entrambi i piedi. Il
giornale aveva allora deciso di aprire una sottoscrizione a cui i lettori
avevano aderito raccogliendo quasi 200 lire. Sfortunatamente, il soldato
Faraone non era riuscito a usufruirne. Poco tempo dopo, infatti, stretto
attorno all'affetto dei parenti e dei genitori giunti a Vercelli dalla campagna romana, era morto. Quelle 200 lire finirono quindi tra le mani della famiglia
del caduto, che «diede una così luminosa
prova del commovente e reciproco affetto da cui è patriarcalmente unita» (La Sesia, 9 maggio ’16) ringraziando la
città per l’aiuto dato. Tuttavia la gratitudine non si fermò lì. Ad aggiungere
parole di ringraziamento alla città arriva al dottor Isnardi, medico del
Faraone, anche una lettera dagli Stati Uniti (più precisamente da Syracuse),
dal fratello del soldato, Angelo Faraone.
Angelo Faraone si rivolge, nella
lettera, proprio al giornale La Sesia e
ai vercellesi, che vuole ringraziare con tutto il cuore. «Da quello che ho
letto sul giornale, dalle notizie mandatemi dalla famiglia, ho potuto ben
comprendere quanto sia stato atroce l’agonia del mio povero fratello (...) Ma
questo dolore è ben lenito dal pensiero che Egli è morto per la Patria, è morto
assistito dai suoi più cari (…) e che il Popolo magnanimo vercellese ne ha
compianto l’immatura perdita!. Ed il cuore nobile dei Vercellesi non solo si
mostrò riconoscente verso il povero mutilato, non solo dette ospitalità ai poveri genitori, non solo volle lenire il
loro dolore con dolci parole di conforto, ma con il largir loro la cospicua somma di 200 lire. Se il mio
povero fratello, non colle parole potette dire a loro il grazie, glielo diceva
certo cogli occhi». La gratitudine si
sposta poi al giornale: «A codesto giornale, alla sua redazione giungano
graditi da questa lontana America i nostri sentiti ringraziamenti, uniti ai più
begli auguri di felicità avvenire (…) Porgano i nostri ringraziamenti e saluti
a tutto il popolo vercellese e sappia che della loro generosità noi serbiamo
grato ricordo».
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